Il mare, quel vasto corpo d’acqua salata.

Il suo blu è un colore che ci appartiene

Le Marche, una regione dai mille volti e mille colori: il giallo dei campi di girasole, il verde delle colline e dei parchi naturali, il rosso delle tradizioni, del folklore e della cultura, infine il blu, quello intenso del mare, dei laghi e dei fiumi e di tutte le manifestazioni dedicate a questa risorsa naturale, sono tra le eccellenze di questa terra meravigliosamente preservata.

180 chilometri di costa, 26 località che si affacciano sul Mare Adriatico, il porto marittimo di Ancona e i porti turistici: queste sono le Marche marinare, da sempre crocevia di scambi con la costa balcanica e i paesi mediterranei.

Sulla costa marchigiana è possibile attraccare in nove porti turistici, distribuiti in tutto il territorio regionale. Nella provincia di Pesaro e Urbino si trovano a Gabicce Mare, Pesaro e Fano, nella provincia di Ancona a Senigallia, Ancona e Numana, nella provincia di Macerata a Civitanova Marche, nella provincia di Fermo a Porto San Giorgio e, infine, nella provincia di Ascoli Piceno a San Benedetto del Tronto. La capacità complessiva è di circa 5.000 posti barca.

Mare fanciullo insaziato di giuoco,
vecchio mare insaziato di pianto,
tu che sei lampo e fango e cielo e sangue e fuoco,
oggi hai lasciato alle lente rive orgoglio e forza, gaiezza e dolore:
oggi non sei che colore, un bel colore che vive.

Mare colore – Diego Valeri
© A. Tessadori

Un tuffo tra le memorie storiche

Salendo in cima a uno dei promontori costieri delle Marche, sia esso il Monte San Bartolo a Pesaro o il colle Guasco ad Ancona (dove è situato il duomo di San Ciriaco), o ancora il Monte Conero, la vista del mare Adriatico risulta tra le più belle.

Quando non c’è foschia, si può osservare la costa snodarsi e svanire e, quando c’è, vedere la linea di orizzonte fondersi presto con il cielo in una sola pennellata.

Mentre si osserva dall’alto l’immensa distesa azzurra che lambisce la terra delle Marche, e mentre una leggera brezza corruga il pelo dell’acqua, i pensieri vanno a quanti, marinai e non, hanno solcato nei secoli questo mare.

Pare allora di scorgere le povere barche dei pescatori di un tempo, che rientravano a terra dopo giorni di pesca, stanchi e allo stesso tempo felici con il mare nel cuore. Buona o cattiva che fosse stata la pesca c’era sempre una donna ad attenderli pronta ad inventare nuove ricette con quel pesce invenduto o poco apprezzato dai “signori”. Nacquero proprio così quei brodetti di pesce marchigiano oggi al centro di una grande attenzione anche da parte dei più esperti gastronomi.

A tratti invece sembra di intravedere una galea, come quella che fu realizzata ad Ancona e sulla quale si imbarcò il pontefice Urbano V, allora residente ad Avignone, per il suo rientro in Italia.

Oddo di Biagio, cronista anconetano, nel 1367 scriveva che: “La galea fu fatta in Ancona de tanta e tale lunghezza, quale mai si fu veduta la simile, con celle e camere dipinte e ornate come fossero stanze di palazzi. E fu armata de marinai e de vogatori de Ancona”. Volgendo lo sguardo verso sud, dal Monte Conero, il mare sembra bagnare in silenzio la costa, perché da lassù il rumore delle onde, in questa stagione, viene portato via dalle brezze che s’insinuano tra i rami del Parco del Conero e che pure lasciano il profumo della salsedine sulla pelle. Lì sotto, nella Baia di Portonovo, si scorge il Fortino voluto da Napoleone Bonaparte e fatto costruire da Eugenio di Beauhamais attorno al 1808 per difendere la costa dalle scorrerie degli inglesi che qui tentavano di sbarcare.

Ancora, il pensiero sfiorando l’acqua costeggia la terra fino a scendere nell’ultimo tratto delle Marche. Qui il mare ha portato più di una storia e di un sapore. Ha portato la leggenda. Quella di una barca che raggiunse una notte la costa e che trasportava il corpo di un martire, San Benedetto, in onore al quale i pescatori della zona costruirono un piccolo tempio, e da lì un villaggio. Non era ancora l’anno mille. Oggi quel villaggio si chiama San Benedetto del Tronto. Ma queste non sono che alcune delle grandi memorie del mare delle Marche.

© A. Tessadori

La nostra identità passa per la civiltà marinara.

Oggi è difficile rintracciare nelle città della costa le radici antiche delle comunità marinare, che le hanno fondate e abitate nel corso dei secoli. Il rapido sviluppo economico del Novecento ha determinato cambiamenti molto radicali sul paesaggio costiero.

La “memoria” la si può rintracciare attraverso antichi documenti, cronache locali o attraverso la tradizione orale delle ultime generazioni della stagione della pesca velica o della piccola navigazione commerciale.

“Pesca forza tira pescatore
pesca e non ti fermare
poco pesce nella rete
lunghi giorni in mezzo al mare …”

P. Bertoli

Ricordi di un pescatore

Il mestiere del pescatore è l’unico collegamento vivente tra la memoria e il presente di ciò che si riesce a tramandare di padre in figlio. Il pescatore è una figura in grado di suscitare rispetto e curiosità. Grinta e passione pura scorrere nel suo sangue. In quella figura si incontrano saperi e gesti antichi, faticosi e pericolosi. Prova a parlare con un anziano pescatore: lo renderai felice di poter raccontare. Ti renderà immediatamente partecipe del suo saper fare ancora molto ben integro nella sua memoria. Ti racconterà che la sua barca era mossa dalla spinta del vento sulle vele e che quindi nei giorni di così detta “bonaccia” non si poteva uscire dal porto. Tre gli strumenti di bordo a sua disposizione: la bussola, le vele ed i remi. Proseguirà poi con il narrarti che il pescatore doveva essere un buon conoscitore del tempo, della direzione dei venti, delle nuvole, dell’acqua e che solo in quel modo poteva decidere se era o no il caso di avventurarsi nel mare per la pesca. Quanti fortunali improvvisi e imprevisti si è trovato ad affrontare e come abbia salvato la vita. Tante le paure. La barca, le vele, le reti, i vestiti da lavoro erano fatti tutti a mano. Le donne realizzavano le vele e preparavano le reti e i vestiti di tela incerata. Poi c’erano i cordai  che sempre a mano lavoravano le corde proprio nei pressi dei porti. Il calare e il tirar su le reti dall’acqua veniva fatto con la sola forza delle braccia, con il buono ed il cattivo tempo. Per la pesca era poi abitudine far uscire le barche  in coppia: entrambe tenevano i capi della rete che trascinavano sul fondo. Non erano dotate di celle frigorifere per cui non potevano rimanere a lungo fuori in  mare. Dovevano far rientro a terra il più presto possibile con il pesce pescato, specialmente nella stagione estiva. Un lavoro durissimo che non sempre premiava.

© A. Tessadori

C’è vita al porto sin dalle prime ore dell’alba

Ogni volta che si attende il rientro dei pescherecci, tipica è l’atmosfera che si respira. Dal rumore e l’odore di sottofondo dei motori accesi dei pescherecci al canto dei gabbiani che volano sopra le barche in cerca di pesce. Sui pescherecci gli uomini sono indaffaratissimi a selezionare e preparare il pesce da vendere all’asta. Così, mentre il resto del mondo dorme c’è chi, spinto da una grande e indescrivibile passione, lavora con grinta ed orgoglio per far arrivare sulle tavole dei ristoranti e sui banchi delle pescherie pesce fresco e di qualità.

Dopo la pesca la vendita, il mercato ittico

Nel porto peschereccio di Ancona, in quello di San Benedetto del Tronto e di Civitanova Marche (per citare i più importanti mercati ittici delle Marche), il pesce bianco e azzurro viene venduto all’asta nel corso di rituali intensi e coinvolgenti. Osservare gli uomini lavorare è come tuffarsi in una tradizione lontana da noi che si rinnova ogni giorno.

Partecipare all’asta del mercato ittico notturno è una vera esperienza.  Bisogna svegliarsi prima dell’alba, scendere ancora intorpiditi dal sonno verso le banchine del porto peschereccio e lasciarsi abbagliare dalle vivide luci al neon. Il rito si ripete dal martedì al venerdì a partire dalle  tre del mattino (l’orario può variare di mezzora, tre quarti nei differenti mercarti), ogni periodo è caratterizzato da una particolare tipicità della fauna marina.

Le cassette scaricate dalle barche sfilano senza tregua su dei nastri trasportatori paralleli, dopo essere state pesate. Un tabellone mostra ai presenti le caratteristiche del prodotto esposto (prezzo, peso lordo, peso netto). Gli acquirenti sulle “tribune” osservano dall’alto, pronti a effettuare la loro prenotazione tramite un telecomando/pulsante elettronico non appena il prezzo sul display scende al valore corrente di mercato. Minore è la quantità di pesce pescato, più il prezzo tenderà a salire. (…) 

Il sistema di vendita all’asta è un punto a favore della qualità, perché permette ai pescatori di vendere nel più breve tempo possibile un prodotto per sua natura molto deperibile.

© A. Tessadori

Il pesce azzurro

La definizione pesce azzurro è generica e nasce dapprima in ambito commerciale, poi diventa gastronomica e infine nutrizionale.

Infatti se da una parte questa tipologia di pesce si presta bene alla preparazione di innumerevoli ricette che costituiscono un patrimonio della tradizione culinaria regionale, dall’altra per i salutisti è un concentrato di proprietà organolettiche: sali minerali, vitamine, omega 3.

Muovendosi in branco è un pesce facile da pescare e da conservare grazie alla tecnica della salagione che lo rende facilmente trasportabile anche a grandi distanze. Tra questi sarde, sgombri, aringhe e alice.

Paccasassi o spaccasassi e moscioliselvatici di Portonovo

Due cibi che sanno di mare e Monte Conero assieme, ma li devi provare per renderti conto che è così davvero.

Da generazioni la gente di mare li chiama paccasassi: in loro trovi tutto il sapore della salsedine e della roccia. Si presenta come finocchietto marino o più semplicemente come erbetta ricca di vitamina C. D’inverno quasi scompare per poi ricomparire tra i sassi e gli scogli in primavera nella zona del Monte Conero. I marinai l’amavano perché evitava loro lo scorbuto grazie alle sue proprietà nutrizionali. Oggi sono simbolo e tradizione della nostra terra. Sono croccanti, il loro sapore è forte e unico, si prestano bene con insalate o antipasti di pesce.

I moscioli invece sono le cozze o meglio mitili (Mytilus galloprovincialis), “selvaggi”; quelli cioè che si riproducono naturalmente sei-sette volte l’anno e vivono attaccati agli scogli sommersi della costa del Conero. La zona di pesca del mosciolo è su uno scoglio lungo un chilometro, il trave, fino agli scogli delle due sorelle a Sirolo. È un alimento buono da un punto di vista organolettico, pulito perché la sua raccolta rispetta l’ambiente. Le ricette più tipiche sono gli spaghetti con i moscioli o moscioli alla marinara.

Il Caffè del Marinaio

Bevanda tipica dalle origini antiche della tradizione marinaia e usatissima come digestivo di fine pasto o per scaldarsi nelle fredde giornate invernali.

Questa bevanda veniva preparata a bordo delle imbarcazioni nelle giornate di pesca più fredde, aggiungendo al caffè bollente della moka vari alcolici, che non mancavano mai a bordo. I più gettonati erano sicuramente il rum e distillati a base di anice.

L’Adriatico nel piatto si chiama brodetto

Quella del brodetto è una tradizione culinaria antica, esiste da quando esistono i pescatori. Un apprezzato piatto marinaro che ha costituito per secoli il principale, se non l’unico, pasto dei pescatori.

La sua origine, prettamente popolare, deriva dall’abitudine dei marinai dell’Adriatico di cucinare a bordo quella parte del pescato che non poteva essere destinato al mercato, sia per la qualità poco richiesta, sia per la piccola taglia che per l’esigua quantità. Il brodetto ha come caratteristica l’utilizzo di molte qualità di pesce, almeno nove o dieci che, in genere, variano a seconda della stagione in cui si ha modo di assaporare il piatto: seppia, merluzzo, gallinella, palombo, pesce prete, scorfano, tracina, cicala, coda di rospo, sogliole, triglia, razza, pesce San Pietro. Diverse le ricette con lo stesso nome di “brodetto marchigiano” al quale si ha l’abitudine di aggiungere il nome del porto o porticciolo della costa, così d’avere: brodetto all’anconetana, alla sambenedettese, di Porto Recanati, di Fano, ecc… Esiste una versione in bianco e una con i pomodori rossi, una con i pomodori verdi e una con l’estratto di pomodoro, ci sono brodetti conditi con l’aceto e altri con il vino… Il comune determinatole per tutti è che tutti, alla base, hanno del pesce di qualità e freschissimo. Dite la verità vi è venuta l’acquolina!?