Storia e arte nel murale di Cerbara

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La street art è una delle principali protagoniste dell’arte contemporanea. Il mondo evolve, e con esso la cultura, l’estetica e gli aspetti tecnici della figurazione. Durante il Medioevo si dipingeva principalmente sul legno: su tavole di pioppo, cipresso o tiglio il pittore rappresentava immagini sacre e devozionali. Con il Rinascimento si diffuse, e rimase in voga per secoli, l’olio su tela. Oggi il supporto principale su cui riesce a sopravvivere la rappresentazione figurativa sembra essere il muro di cemento. Non una novità a pensarci bene, dato che alcuni dei più grandi capolavori della storia, come il Cenacolo di Leonardo da Vinci, la Scuola di Atene di Raffaello o la Cappella Sistina di Michelangelo sono dipinti parietali. Certo tecniche e soggetti sono profondamente cambiati. Siamo abituati a immagini provocatorie a forte impatto sociale come quelle del misterioso writer inglese Banksy, agli omini stilizzati e colorati di Keith Haring o ai ritratti giganteschi dell’italiano Jorit Agoch. A prescindere dalla peculiarità di ognuno, quel che è certo è che il murale è uno dei medium prediletti dei nostri tempi per veicolare la bellezza dell’arte e i suoi messaggi.

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© A. Tessadori

Questa premessa ci aiuta a capire l’importanza e ad apprezzare l’impatto di una grandiosa opera apparsa di recente a Cerbara, frazione di Piagge, facente parte del Comune di Terre Roveresche, in Provincia di Pesaro e Urbino. Si tratta di un murale realizzato dall’artista marchigiano Natale Patrizi, meglio conosciuto col nome d’arte Agrà, un autore contemporaneo molto apprezzato in Italia e all’estero. A colpire sono innanzitutto le dimensioni: più di 100 metri di lunghezza per tre metri di altezza. L’opera è stata realizzata sul muro che corre lungo un canale del fiume Metauro e si collega a una centrale elettrica. Il tema del murale è inseparabile dalla sua collocazione geografica. Quello che Agrà ha rappresentato è infatti uno degli episodi più celebri della storia romana, la battaglia del Metauro. A molti questo nome rievocherà le lezioni ascoltate a scuola, di cui proponiamo un riassunto. Siamo ai tempi della seconda guerra punica, combattuta tra Roma e Cartagine, e da molti definita la prima guerra mondiale della storia, per il numero impressionante di soldati coinvolti e per la loro appartenenza a nazionalità diverse e distanti tra loro. La battaglia del Metauro si svolse il 22 giugno del 207 a.C. e vide fronteggiarsi Asdrubale Barca, condottiero cartaginese, e i due consoli Marco Livio Salinatore e Gaio Claudio Nerone, che guidavano le legioni romane. Asdrubale era arrivato dalla lontana Spagna guidando circa 30.000 uomini, valicando le Alpi con i famigerati elefanti da guerra, creature esotiche che probabilmente fecero ai soldati romani la stessa impressione che fecero agli inizi del Novecento i primi carri armati. Asdrubale stava attraversando l’Italia per congiungersi con suo fratello Annibale, celeberrimo protagonista della guerra. I due consoli romani sapevano quanto fosse vitale che ciò non avvenisse, e per questo la battaglia del Metauro, che vide vincitrici le truppe romane, rappresentò il punto di svolta della guerra, che si sarebbe conclusa con la sconfitta dei cartaginesi.

La battaglia si combatté in una zona che può essere identificata proprio con il territorio di Terre Roveresche, o comunque nell’area limitrofa. Quello che ha fatto Agrà è stato trasformare la storia in storia dell’arte e il recupero urbano in ispirazione. Il cemento diventa la corazza dei fanti romani, la bardatura dei cavalli, la lancia dei cartaginesi e le zanne degli elefanti. Le increspature della parete conferiscono alla scena dinamismo, sembra quasi che la battaglia prenda realmente vita di fronte a noi. Le inflorescenze che spontaneamente crescono tra le crepe donano tridimensionalità al tutto. Con la nebbia, o quando il sole tramonta facendo allungare le ombre, pare quasi di sentire un eco di lame che cozzano tra loro. La modalità stessa con cui è stato realizzato il murale concorre a tutta questa serie di effetti. La tecnica usata è infatti quella della pittura a calce, attraverso la quale Agrà ha tracciato i contorni delle figure per poi imbiancare con la calce tutti gli spazi circostanti, lasciando quindi che l’interno dei personaggi fosse fatto del materiale grezzo del muro. Come Michelangelo, secondo cui in ogni blocco di pietra c’è una statua, e compito dello scultore è semplicemente quello di liberarla dalle parti in eccesso, così Agrà ha lasciato che un normalissimo muro, scabro e poco gradevole, diventasse un’opera d’arte scoprendone le scene con il bianco della calce. Il risultato è una lunga serie di sequenze che ripercorrono quella leggendaria battaglia di più di 2.200 anni fa, in grado di catturare l’attenzione di chi passeggia o si trova a passare lungo la strada. Un film muto che ci restituisce tutta la tragicità della guerra, ma anche l’irresistibile epica di personaggi e vicende che sorpassano la storia e approdano nei territori del mito.

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© A. Tessadori

Il murale, grandemente apprezzato, è solo il primo tassello di un progetto di più ampio respiro chiamato Terre Dipinte, che con la realizzazione prossima di altre opere ha l’obiettivo di arricchire l’offerta culturale di Terre Roveresche. Un’iniziativa importante sia per il turismo che per regalare ai cittadini un paesaggio più gratificante e stimolante, rivitalizzato dall’arte e che sa dialogare perfettamente con la storia locale.

di F. Cantori