5 suggestivi luoghi del culto

Il territorio delle Marche era storicamente compreso nello Stato Pontificio ed è anche per questo motivo che la regione è costellata di luoghi religiosi di vario tipo:  le chiese, le abbazie, i templi ed i monasteri ne sono le rappresentazioni di spicco ed alcuni di essi sono aperti ai visitatori proprio come originariamente lo erano ai  pellegrini e ai viandanti. Attorno a questi luoghi hanno trovato la sede ideale per vivere intensamente la fede religiosa i più grandi esponenti della spiritualità delle Marche come i monaci camaldolesi, cistercensi e francescani.  Oggi, per far conoscere e apprezzare questi monumenti, spesso poco noti, sono stati studiati dei veri e propri itinerari turistici per appassionati non solo di spiritualità ma anche di arte e cultura, poiché spesso essi si configurano proprio come dei musei storici: luoghi e capolavori architettonici da scoprire nel silenzio e nel rispetto della loro solenne austerità. Tutti monumenti davvero singolari ed unici nel loro genere, che raccontano le vicende storiche che li hanno portati fino ai giorni nostri, attraverso terremoti, ricostruzioni, restauri e rinvenimenti straordinari attorno ai quali spesso ruotano misteri e leggende. Di seguito, dunque, un viaggio poliedrico nell’arte, nell’architettura e nella storia attraverso un itinerario da nord a sud del territorio marchigiano che si compone di cinque tappe, in un percorso indimenticabile per il cuore e per la mente.

Chiesa di San Nicolò e San Martino – Lapedona

© A. Tessadori

Attraversato dal fiume Aso, Lapedona è un Comune delle Marche nella Provincia di Fermo, situato su una collina a poca distanza dal mare. La chiesa di San Nicolò e San Martino rientra nelle costruzioni in stile barocco custodite nel centro storico di questa cittadina e più precisamente nella piazza centrale. Ha origini trecentesche, ma venne ricostruita nel XVI secolo e con la facciata rifatta nel 1728.


Di questa chiesa, molte le particolarità di rilievo ed in particolare si può  apprezzare la navata unica rettangolare, riferibile all’arte del pittore fermano Filippo Ricci. Di materiale ligneo damascato, il soffitto raffigura i Santi Nicolò e Domenico e risulta essere il più grande delle Marche. All’interno, inoltre, cinque altari in legno dorato e marmorizzato e sopra l’altare maggiore la tela di Simone De Magistris (1538-1611), uno dei pittori più importanti del manierismo marchigiano, datata 1596 e raffigurante la Madonna con bambino tra l’Arcangelo San Michele e San Francesco d’Assisi e San Quirico: il bambino ucciso all’età di tre anni e divenuto patrono della città. Sopra l’ingresso l’organo restaurato di scuola callidiana e degna di nota anche una “Madonna del Rosario” del 1682, attribuita recentemente a Giuseppe Grezzi.

Chiesa di Santa Lucia – Serra San Quirico

© A. Tessadori

Serra San Quirico, comune dell’anconetano, è il borgo che racchiude la chiesa di Santa Lucia. Questo capolavoro architettonico si trova lungo la scalinata che dalla piazza centrale del paese conduce verso il Cassero. Salendo l’antica scalinata di via Marcellini si potrà scorgere sulla sinistra l’imponente portale della chiesa con caratteristico campanile terminante a bulbo.


In stile barocco e rococò, la chiesa di Santa Lucia passò all’ordine silvestrino nel 1289 divenendo dapprima monastero e successivamente nel 1504 venne elevata a parrocchia. Le vicende del tempo ne vedono la ricostruzione nel 1650 dopo che fu distrutta da un terremoto ed un ulteriore restauro dopo il terremoto del 1741. Si compone di un’unica navata con sei cappelle laterali. Di particolare interesse artistico sono le grandi tele raffiguranti le Storie di S. Luciadi Pasqualino Rossi, artista di origini vicentine e particolarmente attivo nelle Marche. Le lacerazioni delle tele che si osservano lungo le relative cornici ricordano il trafugamento fatto dai monaci per salvaguardarle alla requisizione ordinata da Napoleone. Conserva anche l’organo originale con cassa intagliata e dorata del 1675-76, tuttora funzionante grazie ad un recente restauro. La volta è affrescata da Giuseppe Malatesta di Fabriano: nella navata sono rappresentati la Gloria di San Silvestro e medaglioni recanti le figure dei Beati dell’ordine; nell’abside sono San Silvestro e Santa Lucia accolti in Paradiso. Oggi il complesso dell’ex monastero, adiacente la chiesa, ospita la Cartoteca storica delle Marche: collezione di antiche carte geografiche e mappe sulle Marche a partire dal XVI secolo.

Tempietto di Sant’Emidio alle Grotte – Ascoli Piceno

© A. Tessadori

Ulteriore esempio di monumento di arte religiosa in stile barocco è rappresentato dal suggestivo Tempietto di Sant’Emidio alle Grotte ad Ascoli Piceno. L’appellativo “alle grotte” deriva dal suo particolare posizionamento: si trova, infatti, addossato alle grotte dell’antica necropoli cristiana, in un luogo di silenzio immerso nella vegetazione dove già nell’anno 250, III secolo d.C., era noto vi fossero degli antri naturali, collegati tra loro da dei cunicoli, utilizzati dai cristiani come necropoli.
Qui si racconta che Emidio, divenuto poi, dopo la sua decapitazione, santo protettore contro il terremoto, giunse con il proprio capo tra le mani per essere seppellito. Qui rimase sepolto fino a quando, circa settecento anni dopo, le sue spoglie furono accolte nella cattedrale di Ascoli.


Il luogo venne rivalutato nel 1721 su commissione del vescovo ascolano Giovanni Gambi nel momento in cui il popolo ascolano volle ringraziare il proprio patrono per la protezione concessa nel terremoto del 1703. Nell’occasione dei lavori venne alla luce la facciata di travertino che si presenta su due piani: il piano inferiore in stile dorico con un cupolino centrale sorretto da sei colonne attraverso le quali si accede alla porta di ingresso, il piano superiore con un frontone con l’arme di Papa Clemente XI e alle estremità, in corrispondenza delle nicchie, due statue di angeli recanti in mano un ramo di palma. All’interno, tre piccole navate sorrette da colonne con al centro l’altare e la statua di Sant’Emidio.

Basilica di San Nicola – Tolentino

© A. Tessadori

La città di Tolentino si colloca nell’entroterra marchigiano, in Provincia di Macerata a metà strada tra mare e montagna. Tra i tesori che questa città custodisce troviamo la splendida basilica di San Nicola, costruita tra XIII e XIV secolo e modificata in varie parti nel corso della storia. In realtà era precedentemente intitolata a San Giorgio, del quale rinveniamo rappresentazione nell’uccisione del drago nel portale dalla facciata rivestita in pietra d’Istria. La basilica fu intitolata a San Nicola solo nel 1476. Una volta entrati, ci si trova immersi nelle decorazioni barocche dell’unica navata che compone la basilica: l’impianto è quello originario risalente al XIII secolo, ma la decorazione venne completamente modificata nell’arco del XVII secolo.


Vennero pian piano commissionate le varie cappelle laterali e la basilica si ricoprì di marmi pregiati e infine, tra il 1605 e il 1628 venne realizzato da Filippo da Firenze, maestro intagliatore, il soffitto in legno dipinto con oro zecchino che doveva sostituire l’originaria copertura a capriate. Il corpo del Santo è conservato nella cripta. Le pareti hanno la particolarità di essere suddivise in tre ordini che contengono, i primi due, episodi della vita della Vergine e di Cristo, mentre quello inferiore, storie della vita di San Nicola. A seguito dei danni provocati dal sisma del 2016 la basilica viene dichiarata inagibile e chiusa fino alla riapertura nel dicembre 2018. In tale data vengono nuovamente aperti al pubblico, ai turisti e al culto la navata principale, la cappella delle Sante Braccia e il cappellone.

Chiesa dei Morti – Urbania

© A. Tessadori

Nel centro storico del piccolo borgo di Urbania poco distante da Urbino, si trova la cappella Cola fondata nel 1380 e ornata da uno splendido portale gotico. A partire dal 1836 venne denominata la chiesa dei Morti, poiché conserva al suo interno ben 18 corpi perfettamente mummificati.


Con l’istituzione dei cimiteri extraurbani agli inizi dell’Ottocento furono estratti i corpi dai sepolcri vicini che dal 1833 furono esposti dietro l’altare. Sembra che il processo di mummificazione sia stato favorito da una particolare muffa (Hipha bombicina pers) del terreno che ha permesso l’essiccazione dei corpi impedendo il processo di putrefazione: le mummie, infatti, conservano integra la struttura scheletrica, la pelle, gli organi interni e in alcuni casi anche i capelli e gli organi genitali. Ciascuna di esse racconta una storia singolare: tra le più antiche, quella della donna morta di parto cesareo, il fornaio detto “Lunano” e ancora il giovane accoltellato con lo squarcio da pugnale al cuore ben visibile e il morto impiccato.
Tra queste vi è anche quella del priore Vincenzo Piccini, distinguibile dalle vesti, che si offrì come cavia, in accordo con il farmacista del luogo, per sperimentare la sostanza mummificatrice sul suo corpo.

a cura di www.turismomarche.com