Un viaggio tra storia e cristianità
La testimonianza di quattro reliquie cristiane, che hanno lasciato un solco nella storia e che sono oggi custodite in quattro comuni della nostra regione.
Che le Marche siano una regione che affonda le sue radici nel tempo dei secoli addietro, è cosa nota. Ma a volte la storia può essere accompagnata dall’incanto di testimonianze, che parlano tutt’altra lingua rispetto quella dei meri fatti. Le Marche sono anche una regione da pregare dove, a volte, la storia si mescola con la fede di un territorio. A confermarlo sono alcune reliquie, testimonianza di una tradizione storico-religiosa immortale.
Santa Casa Loreto
È probabilmente il simbolo più forte della cristianità della regione, definita
da Papa Giovanni Paolo II “primo santuario di portata internazionale dedicato
alla Vergine e, per diversi secoli, vero cuore mariano della cristianità”. La
Santa Casa è il luogo dove la vergine Maria è nata, vissuta e dove avrebbe
concepito il Figlio di Dio. La tradizione vuole che questa sia stata
“trasportata” nel 1294, dagli angeli. Portata via dalla Terra Santa nel 1291,
quando i crociati dovettero abbandonare la Palestina per l’assedio
dell’esercito mussulmano. Oggi, grazie alle indagini archeologiche si è
concluso che la Santa Casa sia stata trasportata sì, ma via mare. Salvata dagli
uomini, che avrebbero così voluto preservare i resti del santuario
dall’invasione mussulmana. A testimoniarne l’effettiva provenienza sono diverse
prove archeologiche, tra cui le mura delle tre pareti originarie: costituite da
pietre nella sezione inferiore, per circa tre metri, e di mattoni locali in
quella superiore. Pietre che si trovano solo a Nazaret, ma non a Loreto e
mattoni, viceversa, che si trovano solo a Loreto e non a Nazaret.
Copia Sacra Sindone
Spostandosi nel sud della regione è possibile scoprire una copia della famosa
Sacra Sindone: il lenzuolo di lino che avrebbe avvolto il corpo di Gesù Cristo,
dopo che questo fu deposto dalla croce. Siamo a Borgo di Arquata, frazione di
Arquata del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno. E’ questa una delle reliquie
più potenti e persuasive della cristianità, se si pensa che è impregnata del
sangue del Figlio di Dio, dopo che questo si è fatto morire sulla croce per
salvare l’umanità. Il certificato di autenticazione è costituito da una
pergamena del 1655, firmata Guglielmo Sanzia (cancelliere vescovile e notaio) e
Paolo Brisio (Vescovo e conte di Alba). Il telo ha forma rettangolare (440 cm
in lunghezza e 144 in altezza). Al centro, nello spazio tra le impronte del
viso e della nuca, mostra la scritta “extractum ab originali”. La Sindone di
Arquata fu rinvenuta durante i lavori di ristrutturazione della chiesa di San
Francesco, eseguiti tra il 1980 e il 1981. Il telo si trovava in un’urna dorata
nascosta dentro la nicchia di un altare. Stiamo certamente parlando di una
copia (la prima Sindone è custodita a Torino), ma non nel senso di una
imitazione, bensì di una fedele riproduzione voluta dalle autorità
ecclesiastiche. Il motivo più plausibile sarebbe stato impedire l’estinzione
della reliquia in caso di distruzione dell’originale. Si spiegherebbe così
anche la scelta di un luogo così periferico. La copia sarebbe stata ottenuta
facendo combaciare il telo originale con un altro, passandoli sotto rulli metallici
e scaldandoli. Col calore si sarebbe ottenuta un’immagine identica
all’originale e questo vuol dire che, almeno una parte infinitesimale del
sangue di Cristo, è presente Sulla Sindone di Arquata.
Lancia Sacra
Oggi questa reliquia è custodita nel museo diocesano di Ancona. Secondo il Vangelo di Giovanni, ma anche quello apocrifo di Nicodemo, il centurione romano Gaio Cassio Longino, avrebbe usato la propria lancia per trafiggere il costato di Gesù, sulla Croce. La punta di quella lancia oggi è conservata nel capoluogo dorico. Ma perché la reliquia sarebbe arrivata proprio ad Ancona? La storia parla del sultano dei Turchi Bajazet II, che inviò nel 1492 al pontefice Innocenzo VIII, il Sacro ferro ritrovato ad Antiochia. Il Papa, per compiacere il sultano, che voleva tenere lontano da sé un rivale, tratteneva in Vaticano il fratello Zizim. Bajazet quindi, oltre ad un pagamento annuale di quarantamila scudi, spediva a Roma la reliquia, che giungeva via mare nella città di Ancona nel 1492. I nunzi apostolici, incaricati del trasporto, di fronte all’interesse mostrato dalla popolazione dorica, decisero di esporla pubblicamente. L’ammirazione fu tale che, in segno di riconoscenza, un ambasciatore ruppe la lancia donando la punta alla città.
La moneta di Giuda
A Visso, piccolo comune nella provincia di Macerata, la storia non è più tale e, confondendosi con la tradizione orale tramandata nelle generazioni, diviene leggenda. Questa vuole che, proprio a Visso, in passato sarebbe stato custodito uno dei trenta denari di Giuda. Quelli per cui questo avrebbe tradito la fiducia di Gesù. La memoria storica di chi è stato parroco nella chiesa Collegiata di Santa Maria, ricorda di un diario di appunti a disposizione dei parroci della chiesa, in cui si farebbe riferimento alla moneta da custodire. Forse portata a Visso da qualche pellegrino come ricordo nei secoli addietro.
di S. Pagliarini