Le Marche e il triangolo del pensiero

Nell’immaginario collettivo le Marche sono terra di mani che lavorano, creano e trasformano, meno di frequente di menti geniali che hanno apportato un contributo decisivo al patrimonio culturale dell’Europa e del mondo.
Eppure la nostra regione è stata culla di grandi pensatori e artisti: Giacomo Leopardi, Gioacchino Rossini, Raffaello Sanzio, sono i personaggi più celebrati ma non sono di certo gli unici.
Iniziamo allora questo viaggio che connette il pensiero ai luoghi che l’hanno generato, alla riscoperta di uomini e donne che hanno fatto la storia culturale delle Marche.

Maria Montessori –  L’hanno definita “una delle donne più interessanti d’Europa”, tanto da finire in copertina sul Time. È il 1930 e a destare l’attenzione del grande magazine americano non è né la potenza recitativa di qualche novella attrice, né l’eleganza musicale di un’emergente artista canoro, quanto piuttosto la sofisticata intelligenza di una donna che ha rivoluzionato l’educazione infantile, in Italia e nel mondo. Maria Tecla Artemisia Montessori fu pedagogista, neuropsichiatra e scienziata, inventrice del metodo che ancora oggi porta il suo nome, volto ad istruire i bambini divertendoli, svegliare la loro capacità di attenzione e sollecitarne la memoria.

Maria nacque nel 1870 a Chiaravalle (An), città nota per la Manifattura Italiana Tabacco in cui il padre Alessandro fu invitato a ricoprire il ruolo di direttore. Sebbene avesse individuato nello zio materno, l’abate e scienziato Antonio Stoppani originario di Monte San Vito (An), un punto di riferimento per quanto riguarda la passione per il sapere e per la scienza, fu certamente dall’attività paterna, attraverso l’esempio di indipendenza economica e sociale fornito dalle sigaraie, che Maria coltivò l’impegno per l’emancipazione femminile. Impegno che le concittadine di Chiaravalle gli videro riconosciuto: si attesta infatti che quando nel 1896 la Montessori fu scelta come rappresentante dell’Italia al congresso femminista di Berlino, le chiaravallesi raccolsero una somma simbolica di cinquanta lire per contribuire alle sue spese al congresso. Maria, dal canto suo, serbò sempre un buon ricordo della sua città natale. Suo figlio Mario ricorda come, di ritorno dall’India, la pedagogista volle ritornare nei luoghi in cui aveva vissuto l’infanzia e che, dopo un ultimo sguardo alla sua città disse: “Adesso sono contenta. Adesso anche se muoio ho rivisto il mio paese”.

Oggi Chiaravalle conserva la memoria della Montessori aprendo al pubblico le porte della sua casa natale, acquistata dall’amministrazione comunale nel 1998 e divenuta centro di studi pedagogici. Qui sono conservati alcuni tra i suoi testi più importanti oltre che i materiali storici che progettò per l’evoluzione educativa dei bambini.

Giuseppe Tucci Orientalista, esploratore, antropologo, archeologo, giornalista: Giuseppe Tucci fu una delle figure più poliedriche che il nostro territorio abbia mai conosciuto, considerato all’unanimità il più grande tibetologo del mondo. Grazie alle sua missioni scientifiche in Tibet, Nepal, Ladhak, Bhutan, Spiti ma anche Afghanistan e Iran, egli promosse la conoscenza di geografie pressoché ignote, lasciando un’eredità importante ai moderni viaggiatori.

La terra che ospitò i suoi natali fu Macerata dove nacque nel 5 giugno del 1894. I biografi raccontano che fu proprio il forte legame con la sua regione a fargli scaturire l’interesse per l’Oriente: vuoi per il mare, che allontana ma al contempo avvicina popoli, religioni, tradizioni, vuoi per l’esempio che, prima di lui, altri illustri compatrioti come Padre Ricci o Padre Francesco Orazio della Penna avevano riservato all’Est.

Nonostante nel corso della sua vita cercò sempre di trascendere le sue origini dichiarandosi svincolato da qualsiasi terra, l’amore per le Marche lo tradì in più di uno scritto e discorso. In quello tenutosi nel marzo del ’59 nella Loggia dei Mercanti di Ancona, Tucci dichiarò: “Ecco perché, lasciatemi finire con un voto, io vorrei che da questa mia terra, alla quale sempre ritorno per nutrirmi ancora della sua aria vitale, per scoprire nel suo seno generoso nuove bellezze, per accarezzare ancora con gli occhi la dolcezza dei suoi poggi e sognare sotto il suo cielo, uscisse qualcheduno altro che continuasse una tradizione di cui dobbiamo essere fieri”.

Con la finalità di rendere onore al patrimonio culturale lasciato in eredità dal tibetologo, Macerata ha dato il via al progetto “Macerata Oriente”, che assume ancora più rilevanza a seguito della dismissione dell’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente di Roma, fondato da Tucci insieme a Giovanni Gentile nel 1933 e che custodisce migliaia di oggetti frutto delle campagne di scavi.

Italo Mancini Una lunga vita spesa per gli studenti nelle aule universitarie, per i fedeli nelle parole solenni delle omelie domenicali, per la comunità nell’impegno civile: così può essere sintetizzata la figura di Italo Mancini, uno dei più importanti filosofi e teologi del Novecento italiano.

Nato a Schieti, piccola frazione in provincia di Urbino, il 4 marzo del 1925 da Adelmo ed Elena Guidi, dopo aver frequentato i seminari in terra marchigiana prima e l’università Cattolica di Milano poi, approdò nel 1961 all’ateneo urbinate dove insegnò per trent’anni Filosofia della religione, teoretica e del diritto. A lui va il merito di aver fondato, insieme a Carlo Bo, l’Istituto superiore di Scienze religiose ad Urbino che sancì, per la prima volta, l’ingresso della teologia nell’università pubblica. Attraverso la sua “logica dei doppi pensieri”, essenza del suo percorso intellettuale, Mancini mise in luce la fatica della mediazione tra poli opposti – l’essere e il nulla, la ragione e la fede, il bene e il male – optando per la loro compresenza.

Dell’uomo d’intelletto non aveva, però, di certo l’arroganza: anche per questo gli schietini lo hanno apprezzato e amato tanto. Di questa amicizia ne è testimonianza il centro socio-culturale fondato dai compaesani di don Italo, sorto nel 1997 come luogo di ricerca e di socialità allo scopo di ricordare la sua figura attraverso la riscoperta di tradizioni locali; o anche il monumento, eretto in suo onore a ridosso del centro e opera di Antonio Fontanoni.

Mancini, dal canto suo, non mancò di restituire questo amore: Gente di Schieti è un’opera in cui il filosofo rende protagonisti proprio gli uomini e le donne della valle del fiume Foglia, in cui emergono ricordi e luoghi d’infanzia e si ripercorrono riti di una tradizione popolare ormai lontana.

di A. Lucaioli