La Medusa di Ferruccio Mengaroni

La medusa

Una fatale premonizione

Medusa, figura mitologica talmente potente e carica di simbolismo da essere utilizzata sovente nel campo artistico.
Medusa era una delle tre Gorgoni insieme a Steno ed Euriale, figlie delle divinità marine Forco e Ceto. Rispetto alle sorelle, con cui abitava in una caverna nel giardino delle Esperidi, vicino al regno dei morti, Medusa era l’unica mortale.
Secondo il mito, Poseidone, dio del mare, si invaghì di Medusa, allora fanciulla bellissima, e la rapì, portandola in un tempio consacrato ad Athena. Quest’ultima, accortasi del grave affronto, inflisse a Medusa una terribile punizione, trasformando la bellissima donna in una creatura mostruosa con la testa cinta di serpenti, zanne di cinghiale, mani di bronzo, ali d’oro, occhi scintillanti e con uno sguardo capace di pietrificare chiunque lo avesse incontrato. Condannata a vivere in solitudine in una caverna, Medusa, terminerà la sua infelice vita per mano di Perseo che, servendosi dello scudo come di uno specchio per evitarne lo sguardo terribile, le reciderà il collo. La testa decapitata di Medusa verrà poi fissata da Athena al centro del suo scudo, divenendo così una vera e propria icona.

La figura di Medusa ha lasciato traccia nell’arte nel corso dei secoli. Celebri le rappresentazioni plastiche della figura mitologica dell’antica Grecia così come i dipinti e le sculture dell’arte più recente. Tra le tante opere che hanno rappresentato Medusa i più noti sono certamente Scudo con Medusa di Caravaggio, La Medusa di Rubens, Perseo con la testa di Medusa di Benvenuto Cellini e Busto di Medusa di Bernini.
Sebbene queste siano le opere più conosciute che hanno rappresentato questa figura mitologica, tra le tante c’è da annoverare anche un’opera maestosa realizzata da un artista marchigiano. L’opera, intitolata Medusa, è stata realizzata nel 1925 dal pesarese Ferruccio Mengaroni. Oggi l’opera fa parte della collezione permanente dei Musei Civici di Pesaro. Ma chi era Ferruccio Mengaroni e come mai ha deciso di realizzare un’opera raffigurante l’inquietante figura mitologica?

Ferruccio Mengaroni nacque a Pesaro nel 1875, lavorò come ceramista, formandosi presso la fabbrica Molaroni di Pesaro, attiva soprattutto nel recupero nella tradizione ceramista del cinquecento. Qui l’artista approfondì temi decorativi e tecniche di lavorazione delle ceramiche rinascimentali, realizzando antichi esemplari e ceramiche istoriate. Nei primi anni di produzione realizzò il tondo raffigurante la Madonna del Melograno tratta dal dipinto di Botticelli, opera che fu premiata alla Mostra nazionale delle ceramiche di Faenza del 1908. Nello stesso anno, l’artista pesarese aprì una fornace realizzando piatti, vasi e mattonelle, ispirandosi alle ceramiche rinascimentali. Per realizzare i tipici riflessi metallici del periodo utilizzava ginestre e unghie di cavallo per ricreare i fumi dei forni rinascimentali che gli consentivano di imitare lo stile ceramista di quel periodo. Nel 1915 costruì una fabbrica propria dove lavoravano numerosi dipendenti e allievi del maestro. Qui venivano realizzate mattonelle, servizi da tavola, vasi e utensili domestici caratterizzati da una ricca gamma di forme e decorazioni, tutte elaborate dal Mengaroni. L’artista continuò a lavorare alle ceramiche istoriate attraverso le quali emergeva sempre più la sua abilità pittorica. Un talento grazie al quale ottenne fama internazionale.

musei civici pesaro
© A. Tessadori

Oltre ad essere noto per le sue abilità pittoriche e artistiche, Ferruccio Mengaroni era conosciuto per essere una persona molto superstiziosa. Camminando per la sua città non era difficile notarlo perché era solito portare numerosi talismani e amuleti appesi al collo e si dice che anche la sua casa fosse piena zeppa di oggetti scaccia sfortuna. Una vera e propria fissazione che appare come un presagio o una premonizione perché la vita del talentuoso ceramista terminerà in modo davvero sfortunato.

Come già detto, Ferruccio Mengaroni, nel 1925 realizza Medusa, un tondo in rilievo in ceramica imponente, il cui diametro supera abbondantemente i due metri. L’artista lavorò a lungo a quest’opera perché voleva raggiungere quell’espressività e quel realismo capaci di renderla viva e pulsante.  L’opera è un’evidente ispirazione a Scudo con la testa di Medusa di Caravaggio. E la vicinanza con l’opera del pittore barocco non si esaurisce nella rappresentazione di Medusa colta nell’istante appena successivo alla sua decapitazione: in quella famigerata posa con la bocca aperta e gli occhi spalancati pieni di terrore. L’altro aspetto interessante che lega queste due opere è la scelta di prestare il proprio viso all’opera, ovvero riprodurre i propri tratti somatici per realizzare il viso di questa iconica figura mitologica. Caravaggio era solito utilizzare un ritratto rielaborato di sé nei suoi dipinti e la Medusa parrebbe essere uno di questi. Ferruccio Mengaroni fece altrettanto, senza nessuna rielaborazione. Utilizzò il suo volto, riprodotto minuziosamente, per dare le sembianze alla sua Medusa.

La scelta del Mengaroni lascia stupiti se si pensa alla sua superstizione. Ma questo non è l’unico aspetto misterioso e inquietante che lega la vita del ceramista a questa sua imponente opera.
Mengaroni per realizzare questo tondo in ceramica lavora instancabilmente, davanti allo specchio, cercando di cogliere quell’ultima espressione accigliata e atterrita della Medusa. Si narra, che durante la lavorazione lo specchio che il ceramista utilizzava per ritrarre il suo viso si ruppe. Nonostante la sua superstizione continuò il lavoro fino al suo completamento.
Ferruccio Mengaroni scelse di presentare Medusa alla Biennale di arti decorative di Monza.
È il 13 maggio del 1925, l’ultimo giorno di vita del ceramista pesarese.

Durante le fasi di allestimento della mostra, la cassa che contiene l’opera di Mengaroni scivola e l’artista cerca disperatamente di bloccarla. Il suo tentativo si rivela però fatale. L’uomo rimane schiacciato dalla sua stessa monumentale e più celebre opera. Muore sul colpo con il volto pieno di terrore e con la bocca spalancata, esattamente come quella che aveva ritratto nel suo Medusa. Un evento sfortunato che è possibile attribuire solo al caso se lo si vuole guardare con totale razionalità. Mentre, se guardato con altri occhi, sembrerebbe che tutto fosse scritto, delineato, immortalato dallo stesso artista. I suoi talismani e la sua superstizione non sono serviti a scacciare la sfortuna che lo ha travolto. La rottura dello specchio, che per un superstizioso rappresenta un segno da non sottovalutare, non lo ha fermato. L’esigenza artistica ha vinto sulla superstizione.

di S. Cecconi