Giacomo Casanova e le Marche. L’origine di una seduzione

Ancona, Pesaro, Loreto e il Monte Carpegna.
Un viaggio nelle Marche del settecento con l’illustre intellettuale veneziano

La vita di Giacomo Canova è essa stessa un’opera d’arte. Raccolta nell’autobiografia Histoire de ma vie, racconta le avventure dello scrittore, poeta, diplomatico, filosofo, agente segreto e avventuriero veneziano.
Inoltre, la fitta corrispondenza che Giacomo Casanova intrattenne con personaggi noti e meno noti della sua epoca, ha permesso di ricostruire alcuni eventi della sua avventurosa esistenza e di avere uno spaccato di quelle che erano le abitudini di vita settecentesche.

Nel 1798, durante l’ultimo e definitivo esilio cui fu costretto, Casanova, dalla cittadina di Dux, dove lavorò durante gli ultimi anni della sua vita come bibliotecario nel castello del conte di Waldstein, scrisse una lettera in cui emerge la nostalgia provata dal veneziano verso i tempi trascorsi e le persone conosciute nelle Marche tanti anni prima. Casanova, durante la sua rocambolesca esistenza, viaggiò assiduamente, conobbe molti luoghi e molte persone, e durante i suoi spostamenti passò più volte nel territorio marchigiano.

Nella lettera inviata al Conte Pompeo di Montevecchio, tenente dell’esercito sassone di stanza a Dresda, e di famiglia originaria delle Marche, Casanova chiede informazioni sulla famiglia Mosca-Barzi che nel 1772 ospitò l’intellettuale veneziano a Pesaro per circa cinque giorni. Nella lettera, Casanova si informa anche sulle abitudini culinarie delle Marche, chiedendo al conte se i “mangia buzzeca”, le interiora degli animali, che probabilmente assaggiò durante il suo soggiorno pesarese, si mangiano ancora ad Urbino.

Casanova, bandito dal territorio di Venezia, scelse di andare a Trieste, dove il suo protettore, il senatore Zaguri, aveva importanti amicizie. Per farlo, però, l’illustre veneziano, doveva raggiungere la città di Trieste senza oltrepassare i confini veneti. Così, partì per Ancona, dove dal porto della città marchigiana avrebbe potuto prendere una delle navi che quotidianamente collegavano la città dorica a Trieste. Durante questo viaggio, sostò a Pesaro per alcuni giorni. Nelle sue Mémoires è riportato un resoconto abbastanza dettagliato del soggiorno pesarese, dove racconta delle giornate trascorse con la famiglia Mosca-Barzi nelle loro case di campagna, dei ricevimenti a cui partecipò e delle conoscenze fatte tra l’aristocrazia locale.

La prima visita di Giacomo Casanova in territorio marchigiano, risale però a molti anni prima, quando l’avventuriero veneziano ha solo diciannove anni. Nelle Mémoires è lui stesso a raccontare che nel 1743, durante un viaggio verso Roma e Napoli, passò da Ancona, dove trascorse un periodo di quarantena nel vecchio Lazzaretto della città. Nonostante la sua condizione di prigionia, Casanova non si priverà nemmeno in questa circostanza, di un’avventura amorosa con una bellissima schiava di un commerciante turco.

Lasciata Ancona, nel mese di dicembre, Casanova, durante il suo viaggio a piedi verso Roma in compagnia di un frate si fermerà a Loreto per una breve sosta. Poi, nel febbraio 1744, durante il viaggio di ritorno, l’intellettuale veneziano, si fermerà nuovamente ad Ancona. Qui farà la conoscenza di una persona molto particolare. Si tratta del Bellino, un castrato di Bologna, noto per il suo meraviglioso canto. Il seduttore veneziano rimanendo incantato da questa creatura, gli offrirà un passaggio fino a Rimini. La notte successiva, il Bellino confesserà a Casanova di essere in realtà una donna. Il cantante, infatti, è una giovane di nome Teresa che si faceva passare per un castrato in modo da poter cantare nei teatri dello Stato della Chiesa dove era vietata la presenza di donne sul palcoscenico. Inutile dilungarsi a raccontare come quest’incontro si concluse, il resto della storia appare scontato…

In occasione di questo veloce passaggio nella città dorica, Casanova racconta un altro aneddoto culinario, che rimanda alle specialità della cucina anconetana. Il giorno 25 febbraio 1744, appena giunto in città, trova alloggio nel migliore albergo di Ancona. Soddisfatto per la camera, chiede che per cena gli venga servita della carne. Di fronte a questa richiesta, però, Casanova trova il rifiuto da parte dell’oste che non intende servire di grasso perché periodo di quaresima. Nonostante l’illustre veneziano provi ad insistere, tirando in ballo perfino un permesso speciale che il Papa gli avrebbe concesso, l’oste si rifiuta categoricamente e lo invita ad alloggiare altrove. Sarà l’intervento di un signore ospite dello stesso albergo a mediare tra i due e a cercare di convincere Casanova a mangiare di magro, asserendo che i cibi a base di pesce ad Ancona fossero di gran lunga superiori a quelli di grasso. Purtroppo, non è dato sapere cosa quella sera Casanova mangiò effettivamente e se ebbe modo di ricredersi, assaporando una delle tante delizie tipiche della cucina anconetana.

In ogni caso, il passaggio ad Ancona segnò notevolmente l’intellettuale veneziano tanto che nelle sue Mémoires scrisse: “Era proprio ad Ancona, infatti, che avevo cominciato a godere intensamente della vita”.

Ed ora, torniamo all’anno 1772, quando Casanova lascia Pesaro e la famiglia che lo ospitò, e raggiunge Ancona per l’ultima volta. Nella città si trattiene per diverse settimane ed ha, neanche a dirlo, una nuova avventura sentimentale con una giovane ebrea, la cui “conoscenza” rischiò addirittura di compromettere il viaggio salvifico verso Trieste ed il successivo rientro nella sua Venezia.

Ancona, Pesaro, Loreto, e chissà quanti altri luoghi delle Marche Casanova deve aver visitato durante i suoi frequenti viaggi di piacere e di necessità. Noto anche per essere stato un alchimista ed essersi interessato all’esoterismo, lo stesso Casanova scrive di aver appreso i segreti della cabala da un eremita che viveva sul Monte Carpegna mentre era prigioniero dell’armata di Spagna. E dunque ancora le Marche, questo angolo di confine della regione, dove apprese, seppur indirettamente, questa antica dottrina che gli permise, insieme alle sue doti intellettuali, di ottenere ciò che più aveva a cuore: fare colpo sui suoi interlocutori. E pare che ci sia riuscito.

di S. Cecconi